Oggi ero in cucina con mio figlio, un ragazzino brillante e poliedrico, ed assistevo tra il divertito e l'irritato ai suoi tentativi di dare inizio allo svolgimento dei compiti delle vacanze, tentativi accompagnati dalla musica dell' iPod sparata a tutto volume e intervallati da qualche pezzo improvvisato alla batteria in sala, nel tentativo di accompagnare le canzoni più coinvolgenti.
Ho iniziato a prestare attenzione ai testi in inglese, per vedere se i dieci giorni appena trascorsi a San Francisco mi avessero in qualche modo aperto la mente rispetto alla lingua ... Niente da fare: la mia comprensione non riusciva ad andare oltre il ritornello e - visto che si trattava di testi famosissimi quali Let it be o Who can it be now - non mi pare si possa parlare di un grosso successo.
Frustrata dalla mia inettitudine e rammentando come mio figlio più grande spiegasse a chi si complimentava con lui per l'eccellente inglese che questo era frutto di un lavoro fatto ascoltando canzoni in lingua e traducendole, ho pensato bene di piazzarmi davanti al computer per cercare su Internet i testi delle canzoni, nel tentativo di capire qualcosa di più di una pronuncia che per me resta arabo allo stato puro.
Mentre ero affaccendata in questo arduo impegno, chissà com'è mi è tornata alla mente la prima strofa di quella che io ricordavo come una preghiera in inglese, imparata un'eternità di tempo fa, quando frequentavo il primo anno di scuola in quel di Little Gaddesden, Inghilterra. Eh già perchè - incredibile ma vero - un' anglofona ignorante e incapace come me ha pure il coraggio di vantare nel curriculum i primi cinque anni di vita trascorsi in terra britannica... Purtroppo, quel che allora appresi con estrema facilità e naturalezza, nel corso degli anni è andato perdendosi tra i meandri più reconditi della memoria, rimanendoci peraltro irrimediabilmente intrappolato.
Ma ecco che oggi da quei meandri è riemerso il vago ricordo di una strofa, la cui eco suonava all'incirca così: "Jesus makes a shine like a poor light ...". Già una volta, tempo addietro, avevo tentato di ritrovare su Internet il testo integrale, ma senza alcun risultato, però oggi ci ho voluto riprovare, ed ho avuto maggior fortuna: digitando come parole-chiave "Jesus makes a shine preghiera per bambini" sono finita nel blog di tale Bhuidhe, una ragazza scozzese che adesso vive a Varese e che in un suo post citava proprio quella che ho scoperto essere in realtà una canzoncina per bambini. Con le parole esatte della citazione sono riuscita finalmente a risalire al testo integrale: l' ho letto e riletto con un'emozione struggente, commovendomi fino alle lacrime, mentre mio figlio - richiamato dal mio entusiasmo - si prendeva gioco di me e delle mie reazioni così forti.
Ho pensato che quei versi, quelle parole che con tanta dolcezza mi riportavano a teneri momenti della mia infanzia non potevano andare nuovamente perduti, ma dovevano essere conservati come qualcosa di prezioso. Perciò li ho trascritti sul mio libro bianco, dono di una cara amica, le cui pagine raccolgono pensieri, riflessioni, stralci di diario, schizzi di disegni. Poi, li ho riletti ancora una volta, provando una nuova emozione al pensiero che - come avevo registrato di sfuggita sul post di Bhuidhe - quella canzoncina infantile rappresentava anche per altri un qualcosa di davvero speciale. Questo mi ha spinto a ritornare sulle pagine del suo blog GRANEPADANE per scorrerle con maggiore attenzione, scoprendovi una persona sensibile, spiritosa e gradevole giocoliera delle parole. Senza capire bene come (la mia abilità in campo informatico è pari a quella per le lingue) sono entrata anche in altri blog di quest' autrice della rete e, leggendo alcuni dei suoi racconti, mi si è aperto un mondo: da sempre arde dentro di me il desiderio di scrivere, come un piccolo fuoco che non ho mai trovato il coraggio di alimentare. E quello del blog può essere lo strumento adatto, può rappresentare la via giusta per dar sfogo ad una vena artistico-letteraria che da tanto preme per essere esternata e messa alla prova.
Ora, nella mia ignoranza di quello che è il moderno linguaggio mediatico, fino ad una settimana fa non sapevo assolutamente che cosa fosse un blog: l' ho scoperto quando mio figlio più grande, Riki, ha deciso di crearne uno per raccontare la sua avventura americana. Questo ha reso più facile il mio approccio odierno con la decisione di lanciarmi nel tentativo di scrivere in rete.
Non è stato comunque facile: ho perso delle gran belle ore davanti al monitor, ma alla fine sono riuscita a creare il mio blog, anche se ancora non ho capito bene come abbia fatto e come funzioni. E così, eccomi qui a digitare sui tasti del computer, usando indici e medi, nonchè i pollici per spaziare (anche come dattilografa la mia abilità lascia a desiderare...). Il viaggio è iniziato e nei prossimi post vedremo dove mi porterà la strada, augurandomi che sia lunga e fertile in avventure e in esperienze.
- Jesus bids us shine with a clear, pure light,
Like a little candle burning in the night;
In this world of darkness, we must shine,
You in your small corner, and I in mine. - Jesus bids us shine, first of all for Him;
Well He sees and knows it if our light is dim;
He looks down from heaven, sees us shine,
You in your small corner, and I in mine. - Jesus bids us shine, then, for all around,
Many kinds of darkness in this world abound:
Sin, and want, and sorrow—we must shine,
You in your small corner, and I in mine.
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